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Subaffitto: che cosa bisogna prendere in considerazione?

Aggiornato il 3 gennaio 2013

Le società si trovano spesso in un rapporto di sublocazione. Giusta l’art. 262 cap. 1 CO il locatario può con il consenso del locatore subaffittare ad un terzo l’oggetto della locazione (ad es. un’appartamento).

La norma è cogente perciò un divieto di subaffitto nel contratto di locazione non è valido. In ogni caso è necessario il consenso della locatrice, la quale però può rifiutarlo solo in casi determinati (cfr. art. 262 cap. 2 CO).

Il locatore può negare il consenso, quando per quest’ultimo il subaffitto sarebbe legato a sostanziali svantaggi. Questo svantaggio è dato per esempio se la locataria affittasse il suo appartamento da due locai e mezzo a cinque sublocatari. Allo stesso modo il consenso può essere negato qualora le condizione del rapporto di subaffitto siano abusive. Ne è il caso, se il locatario subaffitta l’oggetto della locazione ad un prezzo più elevato. Che il canone di subaffitto risulti più caro del canone di locazione non significa però ancora che ciò sia necessariamente abusivo. Un aumento del dieci percento dovrebbe in ogni caso risultare il massimo. Un aumento sensibilmente maggiore è lecito qualora il sublocatario possa utilizzare al contempo i mobili e i suppellettili domestici.

Il locatore ha diritto di essere informato sull’organizzazione del subaffitto e può richiedere una copia del contratto di sublocazione. Qualora il locatore dovesse rifiutare la sublocazione senza ragionevoli motivi, il locatario può avviare una procedura presso le autorità di conciliazione in materia di locazione. Il locatario rischia la disdetta se subaffitta l’oggetto della locazione senza il consenso del locatore. La disdetta può essere contestata se avvenuta abusivamente, ovvero quando non ci sono ragionevoli motivi che parlino a sfavore di un subaffitto.

 

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