Lezioni di leadership dalla spedizione di Shackleton – Parte 3
La spedizione di Shackleton, avvenuta fra il 1914 e il 1916, è un’avvincente storia di leadership che dimostra l’importanza di un leader nel mantenere unito un gruppo al fine di superare le debolezze, la paura e la negatività, spingendolo a compiere l’impossibile. Scopri l’ultima parte della trilogia dedicata a Ernest Shackleton.
Verso la salvezza
Nell’aprile del 1916, il ghiaccio iniziò a sciogliersi e Shackleton ordinò agli uomini di prendere le scialuppe di salvataggio, sperando di raggiungere la terra ferma lungo la punta della Penisola Antartica. Dopo una settimana di mare in tempesta, arrivarono alla deserta Elephant Island. Erano esausti e disidratati ma allo stesso tempo gioiosi di toccare le rocce con mano dopo un’avventura in mare iniziata il 5 dicembre 1914.
Quasi immediatamente, Shackleton iniziò a pianificare la sua prossima mossa. Insieme ad altri cinque uomini, riuscì a condurre una scialuppa di salvataggio di soli 6 metri fino a South George Island; da lì, un gruppo più piccolo raggiunse una baleniera, dove ricevettero aiuto. Dopo un pasto, un bagno e un cambio di vestiti, Shackleton disse: “Avevamo smesso di essere selvaggi ed eravamo tornati ad essere uomini civili”.
Poi Shackleton cominciò a cercare una nave in grado di salvare il resto del suo equipaggio. Durante i mesi successivi, salpò a bordo di tre navi diverse, ma nessuna poteva tagliare il blocco di ghiaccio che circondava Elephant Island. Infine, il 30 agosto 1916, a bordo dello Yelcho, un piroscafo cileno, Shackleton navigò in vista dell’isola e salvò i 22 uomini rimasti. “L’ho fatto”, scrisse a sua moglie Emily. “Abbiamo superato l’inferno senza perdere nessuna vita umana”.
Certamente, Shackleton era tutt’altro che perfetto. Egli ordinò all’equipaggio di navigare verso sud nonostante gli avvertimenti dei balenieri riguardo ai banchi di ghiaccio. E la spedizione sarebbe potuta andare meglio se avesse prestato più attenzione ad addestrare i suoi uomini a gestire e guidare i circa 60 cani da slitta a bordo.
A fronte di questi errori c’è il comportamento di Shackleton dopo che l’Endurance è stata intrappolata. Aver rinunciato alla sua prima missione, ovvero attraversare l’Antartide a piedi, per portare tutti i 28 uomini a casa in sicurezza, ha resto la sua leadership molto più efficace.
Shackleton si assunse la massima responsabilità per la sua squadra. Forse ha riconosciuto di essere in parte responsabile della crisi che ha colpito la Endurance. O forse il suo addestramento navale gli conferì un profondo senso di lealtà e di obbligo nei confronti del suo equipaggio. Gli uomini stessi lo capirono e la maggior parte di loro, a propria volta, gli offrirono la loro dedizione. Shackleton si dedicò ad un obiettivo lodevole. Per riportare i suoi uomini a casa in sicurezza, li condusse attraverso il ghiaccio, il mare e la terra con tutti gli strumenti che riuscì ad ottenere.
Questa combinazione fra impegno per uno scopo più ampio e metodi flessibili e fantasiosi per raggiungere un obiettivo, rappresenta uno spunto importante da applicare anche nella società odierna.
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